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domenica 11 luglio 2010

DOSTOEVSKIJ, LUPO SOLITARIO METROPOLITANO di D'Ambrosio Angelillo

Dostoevskij era una persona molto socievole ma rigorosa rispetto ai suoi stessi principii. Da qui la sua propensione, in certi periodi della sua vita, a isolarsi completamente.
In gioventù, subito dopo il suo successo fulmineo, dovuto alla pubblicazione del suo primo romanzo "POVERA GENTE", apprezzato in maniera pubblica dal famoso critico Belinskij, i suoi tanti amici malsopportarono questa sua fama improvvisa.
Alcuni di loro, tra i più facinorosi e attaccabrighe, e precisamente Turghenev e Anneskij gli tirarono un brutto scherzo. Lo invitarono a una festa tra artisti e contemporaneamente istruirono una bellissima ragazza di Pietroburgo, dicono le cronache la più bella di tutta la città, di fingere di aver letto il romanzo di Fedor e di lusingarlo più che poteva circa il suo talento letterario, con il preciso intento di farsi alle spalle di Fedor le più grasse risate. Infatti questa ragazza era bella ma era pure risaputo che di letteratura se ne infischiava altamente.
C'è da dire che all'epoca Dostoevskij era timidissimo con le donne, e infatti bisogna aspettare fino all'uscita dalla galera in Siberia, quando incontrerà Maria Issaeva, la sua prima moglie, per avere la sua prima storia d'amore concreta e portata a buon fine, anche se tanto buono il fine non fu.
Ebbene Dostoevskij arriva alla festa e quale non fu la sua sorpresa che subito questa bellissima ragazza gli s'avvicinò e cominciò:
"Ho letto il suo romanzo, caro Fedor. E le devo subito dire che è un capolavoro. Lei è il più grande scrittore della Russia, caro, e io sono onorata e lusingata di avere la fortuna di poter incontrare un simile genio".
Beh, ragazzi, voi non ci crederete ma l'emozione e la felicità furono così forti, che lui non resse alla contentezza e allo stupore e cadde svenuto per il fortissimo trasalimento.
A quella scena tutti scoppiarono a ridere e a divertirsi forse come non s'erano mai divertiti nella loro vita, in special modo i due mascalzoni, Turghenev e Anneskij.
Ora c'è da dire che questi due figuri, all'apparenza e a parole avevano osannato e lusingato Dostoevskij, ma in privato avevano disprezzato il romanzo come "troppo piagnucoloso e ridicolo", ora avevano dato la stura alla loro invidia e al loro rancore e mettevano alla berlina il loro amico (sic!) in maniera così atroce.
Rinvenuto, Dostoevskij si trovò davanti alla scena del divertimento generale e capì tutto, anche perchè la ragazza si pentì di ciò che aveva fatto e andò a scusarsi con Fedor, confessando che non sapeva nemmeno chi era lui e che il romanzo non sapeva nemmeno come si intitolava e che comunque non ne leggeva mai.
Dostoevskij abbandonò immediatamente la festa e se ne rimase da solo per moltissimo tempo, tranne la fedele compagnia del suo amico Grigorovich e Nekrassov.
Comunque Dostoevskij amava molto anche la conoscenza occasionale dei suoi simili, e frequentava con piacere taverne e caffè di infimo ordine, dove imparò molto presto a apprezzare la sincerità e la verità delle storie dei loro frequentatori, rispetto agli intellettuali e ai ricconi.
Così naque la leggenda della solitudine di Dostoevskij e della sua ritrosia a frequentare l'intellighenzia pietroburghese.
Ma Dostoevskij aveva un alto senso dell'umorismo e comunque non si vendicò mai di questi scherzi di pessimo gusto di cui fu vittima proprio agli albori del suo salire alla ribalta delle lettere russe.
Dostoevskij era un buontempone e amava tantissimo scherzare, ma non di quegli scherzi micidiali che arrivano a calpestare i sentimenti più profondi e le cose più care che una persona può provare e coltivare.
Ultimamente ho letto: "Memorie del Sottosuolo: storia di una nevrosi". Naturalmente si sottintende che il nevrotico è lo stesso Autore, eppure Dostoevskij l'ha scritto in una nota proprio all'inizio dell'opera: "non sono io il protagonista di questo racconto", "ma a chi la conti questa balla?", sembrano aggiungere gli epigoni di quei mascalzoni di Turghenev e Anneskij, "osi forse insinuare che questo dannato nevrotico siamo proprio noi?".
Ecco, come si fa a non diventare lupi solitari metropolitani con tutti questi loschi farabutti in giro?
"C'è gente così cattiva in giro che perfino assassini di 4 o 5 persone non sono così feroci come loro", dice infatti Dostoevskij in un suo romanzo.

D'Ambrosio Angelillo

1 commento:

Unknown ha detto...

Bella domanda davvero, caro D'Ambrosio Angelillo! Bel post! Come te la passi?