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sabato 11 dicembre 2010

IL BAMBINO IN MANICOMIO (Storia di Natale) racconto di D'Ambrosio Angelillo


C'era una volta in un manicomio un bambino. L'aveva portato là sua madre dicendo che era un bambino pazzo. A quei tempi (ora non so proprio) andava così, una madre si stancava del suo bambino, per una serie di motivi che non sto qui a elencare ma che potevano essere per esempio i capricci o il nervosismo, e lo si poteva portare al manicomio. I medici ascoltavano le lamentele e le rimostranze della madre e mai quelle del bambino, che quasi mai veniva interrogato, e accettavano il ricovero, dopo il disbrigo di certe pratiche. La madre di solito si scordava il bambino al manicomio e la cosa finiva lì. Finiva per modo di dire perchè il bambino cresceva in manicomio e continuava lì la sua triste vita. La madre invece viveva felice con il suo nuovo amante, o faceva le vacanze libera in America tentando talvolta pure la carriera di attrice o di scrittrice di grido. O altre cose di questo genere.
E così il bambino rimaneva al manicomio da solo, abbandonato da tutti, perfino da sua madre, perchè ritenuto pazzo. Ma non si sapeva bene del resto se pazza invece non era sua madre che abbandonava in maniera così orrenda il proprio figliolo, e non fossero dei pazzi addirittura gli stessi medici, che i pazzi dovevano proprio curarli, se accettavano così a cuor leggero un bambino nel loro manicomio, luogo certo poco raccomandabile per i piccoli di tutte le età, ma forse anche loro avevano i loro bravi motivi per fare una cosa del genere, tipo le donazioni all'ospedale o i contributi dello Stato al buon funzionamento dello stabile di cura e segregazione. Tutti avevano i loro buoni motivi, anche i preti forse a sostenere che Dio in certi casi si mostra davvero un pò distratto. Tutti tranne il bambino, costretto a rimanere solo per il resto della sua vita. Per il resto della sua vita in compagnia di matti veri o presunti anche loro, povere creature.
E rimanendo da solo sempre il bambino naturalmente rimaneva solo anche la notte di Natale.
E la notte di Natale, quando tutti i matti erano nei loro letti addormentati, perlopiù dalle medicine e dai farmaci, e gli infermieri e i dottori erano chiusi nei loro studi a festeggiare o a guardare la televisione, ecco che il bambino incontra per caso la grande poetessa Alda Merini, anche lei in manicomio per motivi che erano certamente di tutti gli altri tranne che i suoi.
Alda aveva una grande pietà per questo bambino, che praticamente vide crescere in manicomio, in mezzo agli altri matti, veri o presunti che fossero. Lui era l'unico bambino del manicomio, e Alda gli voleva molto bene (una volta, tanto tempo fa, mi disse pure come si chiamava, ma io me ne sono scordato, avrò appuntato pure il suo nome da qualche parte, ma nella babilonia delle mie carte non riesco più a trovare la nota, ma nonostante tutto mi piace chiamarlo proprio così: bambino, perchè forse proprio così lo chiamava anche Alda).
Alda non dormiva quella notte di Natale, perchè apposta aveva fatto finta di prendere le medicine per dormire (i medici non lo scoprirono mai ma lei sempre faceva così, prendeva al massimo un terzo dei farmaci che le davano, e così si salvò da quel luogo di dolori), per restare sveglia e pregare. Al bambino forse non davano le medicine per dormire, ma gliene davano altre.
"Alda, mi fai un pupazzo di neve?", disse il bambino a Alda.
Quel giorno aveva nevicato molto a Milano e il giardino del manicomio era davvero tutto innevato.
"Certo, caro", disse Alda senza pensarci su un attimo.
E allora si vestirono e si coprirono di tutto punto perchè fuori faceva troppo freddo e uscirono, scavalcando una finestra (erano a pianterreno) anche perchè i dottori e gli infermieri erano a giocare a carte e a distrarsi nelle loro stanze perchè dopotutto era la Notte di Natale.
Alda e il bambino così andarono nel giardino e Alda pian piano fece il pupazzo di neve. Due bottoni per occhi, una penna per naso, un berretto con un cartoncino rosso, due sterpi per braccia e una sciarpa al collo perchè davvero faceva troppo freddo.
"E' bello?", chiese Alda al bambino.
Ma la faccia del bambino era rimasta ancora molto triste.
"Che c'è, caro? Non ti piace forse?", chiese allora Alda al bambino.
"Sì, mi piace. Ma gli dici ora di portarmi via di qui?", disse il bambino.
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Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
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