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mercoledì 20 luglio 2011

SCOGLI DI COZZE di gd angelillo

me ne andavo sempre al mare con la Bianchina  del '65 di mio padre, a Cozze, una frazione di Mola di Bari, ci ero sempre andato fin da quando ero bambino. era davvero un luogo mitico per me. me ne andavo là con le mie lettere a cui rispondere, rispondevo a tutti ma a non tutti spedivo, perchè poi non mi replicavano mai, e per me questo era abbastanza triste, sembrava solo da parte loro una semplice curiosità e nulla più, così avevo imparato a essere più guardingo e riservato. scrivevo su quegli scogli una raccolta di poesie che avevo intitolato "IL GOLFO DELLA SOLITUDINE", che non ho mai pubblicato anche se ne avevo fatto la copertina. Il golfo in questione era una piccola insenatura che io attraversavo ogni giorno a nuoto in andata e ritorno, un modo come un'altro per mantenermi in forma, cosa che faccio ancora adesso ma camminando. Mi ricordo che venivano a trovarmi tante persone a chiedermi consigli per le cose più disparate, il lavoro, gli studi, le storie d'amore. Si era diffusa lì la voce che ero laureato in filosofia, e quasi tutti mi avevano scambiato per un uomo saggio. Io ero disponibile e parlavo, dicendo tutto quello che sapevo e consigliando sempre per il bene. Mi ricordo che vennero a trovarmi delle vecchie cugine di mia madre, che abitavano a Conversano, io me le ricordavo e loro mi raccontarono molti fatti della famiglia che io ignoravo del tutto. E davanti a noi sempre il mare e alle spalle l'Italia. Fondi di vita che rialzavano bizzarrie sugli schermi scialbi di migliaia e migliaia di ricordi. Dietro le colline di Puglia e davanti sempre il mare. Tutt'intorno gli schizzi degli scogli, della linea ferroviaria per Brindisi, degli aghi delle sarte che se ne venivano a lavorare in riva al mare, le folle dei curiosi che venivano a squadrare  il filosofo di Milano. Io li guardavo e sorridevo. Dicevo loro che ci voleva ben altro che una stupida laurea a far di un uomo un filosofo. Ma loro non ci credevano, pensavano che dicessi così solo per non aver troppi fastidi. Le ragazzine mi guardavano sempre da lontano ma non osavano mai avvicinarsi troppo. Io sorridevo loro e loro di botto scappavano. Gli uomini invece se ne stavano lì a pensare solo ai loro maccheroni al forno, di cui ingozzavano le loro già grosse panze.
Io non mangiavo mai sul mare, bevevo solo il the al limone che mi preparava mia madre prima di partire. Stavo bene in quel periodo, la mia ragazza pazza mi aveva lasciato e se n'era andata in Liguria, mi scriveva sempre ma stando ben attenta a non lasciarmi mai il suo indirizzo, aveva terrore che io l'andassi a trovare, cosa che probabilmente avrei fatto, ma forse no, sua madre mi odiava troppo, ero laureato in filosofia ma non avevo ancora un posto. Come se il mio amore per la sua figliola dipendesse totalmente dalla mia eventuale cattedra a un liceo. Così facevo tranquillo il mio ultimo bagno della sera e me ne tornavo a Acquaviva con la mia cara vecchia Bianchina di mio padre. A casa appena arrivavo, non facevo in tempo a lavarmi che mia madre mi aveva già preparato un piattone di spaghetti al pomodoro.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
http://www.libriacquaviva.org/
http://www.boobks.google.com/
(foto di agosto 1989,
me la fece uno spasimante di una mia amica,
uno sconosciuto di Conversano
che me la portò apposta qualche giorno dopo.
Cozze, scogli vicino alla Fontana di Cristo,
una sorgente di acqua dolce che sgorga
proprio in riva al mare).

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