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giovedì 23 agosto 2012

LA NAVE MORTA

Sono stato imbarcato una volta su una nave morta. Mi avevano rubato i documenti e non potevo sbarcare che in un porto italiano, tutti gli altri paesi del mondo mi rifiutavano e mi cacciavano a calci nel culo appena mi affacciavo un palmo fuori della passarella. Trasportavamo rotoli di spesso acciaio per fare cannoni, aerei da guerra, bombe misteriose e sofisticatissime. Il cuoco era un giamaicano pazzo che ogni tanto ci cucinava un cane arrosto spacciandocelo per un capretto del Guatemala. Il mozzo, un finlandese basso, mi sfidò una volta per via di una poesia che non aveva capito. Pensava che parlavo della sua ragazza che io d'altronde manco sapevo che aveva. Fu l'unica volta della mia vita che rischiai la pelle per la letteratura, e capii immediatamente che non ne valeva assolutamente la pena.
"Te saresti Angelillo?"
"Sì, perchè?"
"Sto per cambiarti i connotati all'anagrafe".
Prese il mio libretto di mare, il passaporto e altre cartacce mie, che mi aveva sottratto lui per misteri mistici di impossibile spiegazione, e  buttò tutto in mare.
Immediatamente mi affrontò con un roncolino arrugginito di bordo.
Io pensai immediatamente che fosse diventato folle e non badai a spese. Gli mollai un calcio d'istinto che mi permise di afferrare un coltello da rancio, senza filo. Lui partì per spanciarmi ma Lotar il Maltese gli conficcò con noncuranza una forchetta nella gamba.
"Lascia stare il Maccarone Italiano", disse.
Il bassotto filò zoppicando in plancia per mettersi a guaire davanti all'infermiere russo tutti i  guai della sua vita, che erano davvero tantissimi.
   Poi scoprii che lui pensava, nella sua paranoia, che io mi ero fatto fare la corte da sua moglie, una biondina niente male e per di più ricca sfondata. Fatto sta che io non sapevo manco che esisteva.
   Ma per intanto i miei documenti se ne erano andati tra i pesci a allietare altre burocrazie di alto mare.
   Il giorno dopo il comandante, un olandese con la faccia di topo incazzato, mi fece chiamare e mi disse che avrei dovuto pagare i danni, un marinaio azzoppato e debilitato significavano un mese di navigazione senza paga. Gli risposi che per me faceva lo stesso.
"Ah, fa lo stesso? Allora aiutiamo la compagnia, due mesi senza paga".
"Fottiti, merdoso", pensai.
   Altri cinque mesi e sbarcai.
    Guadagnai 880.000 lire che alla dogana mi sequestrarono perchè di provenienza sospetta.
E mi proibirono pure di uscire dal porto.
   Saltai un muro nemmeno tanto alto e me ne andai da Marsiglia a Mentone con l'autostop. Su un autotreno di un camionista spagnolo che non spiccicò parola per tutto il viaggio.
   A Mentone passai il confine come un contrabbandiere, sulle vecchie linee di trincea della seconda guerra mondiale.
   A Ventimiglia telefonai subito a Tea, la mia vecchia fiamma tedesca che non vedevo da 8 mesi.
    "Nemmeno il tempo di dirmi ciao e già mi chiedi dei soldi?", mi disse.
    "Ho fatto una rissa a coltelli a bordo", dissi.
    "E non ti hanno ammazzato?", disse lei.
    "No", dissi io
    "Schade, disse lei, proprio un vero peccato".
g. d'ambrosio angelillo
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