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lunedì 16 giugno 2014

ANGELICO



ANGELICO

    C'era una volta un pittore che pensava che una volta stato ragazzino si era ragazzino per tutta la vita. Il guaio era per quelli che dicevano che una volta erano stati ragazzini ma che invece non era vero proprio per nulla. Semplicemente mentivano. Mentire non costa niente, praticamente si slacciano liberi tutti i cani del proprio divertimento e poi accade tutto quello che si vuole, anche che quei cani si mettono a volare colorati tutti di verde con striature d'oro.
    Una volta ho conosciuto in Brasile, grandiosa banderuola di un sole vero che gira a ogni vento che ne abbia voglia, patria vera di infinite cioccolate, proprio sul confine dell'Etna in Sicilia, un ragazzino di 10 anni, con uno sguardo di centravanti astuto e impossibile. L'atleta di forte fantasia si chiamava Angelico, come un re fiorentino di periferia rinascimentale, occhietti dolci come mandorle, i capelli di angelo, gambe lunghissime, maglia verde-oro di ordinanza. Angelico era un ragazzino bellissimo. Già titolare di una ditta di colori futuristi che non ammettevano resti nè spiccioli. Tutti lo volevano nelle colonie a mare della Liguria e del Portogallo, ma lui cortesemente ma fermamente rifiutava, aveva sempre da giocare a pallone al parco Cassoni proprio dietro la fabbrica della Nutella di Milano. 
    Angelico era sempre spettatore e giocatore delle proprie partite, ora faceva il portiere e parava tutto, ora faceva il centravanti e la buttava dentro ogni volta che la toccava. Era un predestinato, per il resto mangiava con piacere le lasagne, la pasta strapazzata e la pizza margherita. Poi era un vero campione con le sue due pistole a acqua, praticamente li faceva fuori tutti con bagnarole e bagnarole di acqua di risciacquo di magliette azzure della nazionale. Rideva sempre, tanto che anni prima suo padre lo chiamava: "piccolo Buddha ride", ci aveva pure scritto un miliardesimo dei libri suoi, ma perduto sfortunatamente in altri gironi danteschi dei campionati del mondo passati. E uno che ride sempre è anche felice e se la diverte alquanto anche con i migliori professori e maestri del pianeta. E qui, essendo in Brazil, si rimaneva ragazzini proprio di professione, con tanto di salario e di previdenza sociale. Anche Salomone riteneva accertati e confermati tutti quanti i suoi proverbi, nessuno escluso. Così veniamo a scoprire che anche la tristezza può essere una professione, ma come si può intuire molto facilmente anche i cani verdi volanti di cui prima sanno che è in effetti è anche una professione molto molto molto triste. Ma un principino è un principino e gli tocca ridere di continuo in pieno Rinascimento. Per Amleto è diverso, primo perchè è danese e non toscano e poi mai guarda il calendario a vedere che prima o poi arrivano pure le vacanze di Pasqua, e particolare non trascurabile, anche quelle estive.
    Angelico è un ragazzino a vita. Gioca alla staccia, alle palline di vetro, ai gormiti, a pallacanestro, a nascondino, a pallone, e a tanti altri giochi che non si ricorda mai perchè come tutti i ragazzini allegri è un perfetto scordarolo, cioè si scorda tutto due minuti dopo che l'ha fatto.
    "Angelico, passa, minchia! Tutti tu li vuoi fare i gol?", gli urla sempre Faizan, suo compagno fedele di squadra, là sui contrafforti amazzonici.
    "Gol! Gol! Gol!", grida invece Angelico, correndo con la sua lunga chioma bionda al vento, come un perfetto Acheo in trasferta, qui, in questo misterioso deserto dei barbari. Peggio per loro!
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO  

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