regala Libri Acquaviva

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CHARLES BUKOWSKI, Tubinga, MARC CHAGALL, Milano, ALDA MERINI, Grecia, Utopia, ROMANZI, Acquaviva delle Fonti, RACCONTI CONTADINI, America, POESIE, ERNST BLOCH, Sogni, Gatti Pazzi, Spinoza, FEDOR DOSTOEVSKIJ, ITALIA, New York, FEDERICO FELLINI, Poesie di Natale

venerdì 27 giugno 2014

CAPELLO





CAPELLO,
L'ALLENATORE DELLA NAZIONALE RUSSA
(Sulla partita Belgio - Russia)

    C'era una volta un allenatore con un gran cappello a cilindro, era molto intelligente e la sua intelligenza gli donava pure una grande serenità. 
 Era uno dei migliori allenatori di calcio nel mondo. E per questo si trovava in Brasile pure lui per giocare a scacchi con il destino, bersi un’aranciata e burlarsi degli inglesi anche lui, che li conosceva così bene.
    Questa volta allenava la Russia e aveva scelto per loro la maglia azzurra, il catenaccio e il contropiede. Dopotutto l’Italia ne aveva vinti parecchi con questa formula di cabala perché no pure i seguaci di Gogol e Dostoevskij? Il fatto era che anche la maglia bianca andava bene, e quella rossa e quella color nulla. L’importante era arrivare all’ottavo bar e lì pagarsi il gas per un altro decennio.
    Dopotutto un artista è un artista e a braccia conserte fa sempre un figurone. Commerciare in sogni era la sua specialità e gli era andata bene perché finalmente allenava la nazionale pratica di grandi utopie. Le chiese stavano pure in Brasile, come pure i poveri e le teste matte. Poteva venire pure bene.
    Comunque Capello è un allenatore di calcio che non confida a nessuno i suoi segreti, i suoi pensieri e le sue filosofie milanesi. Bulgakov compreso.
In camicia e cravatta  ha cambiato un terzino mentre stavano per tirare una cometa. Palo, gol e detronizzazione. Ma la bellezza russa è su un trono d’oro, non s’impressiona mica per una partita persa.
   A Mosca dopo una vodka e un cetriolo è passato già tutto. Il tramonto sfolgora rosso fuoco su una calma imperiale.
   Il Belgio ha passato il turno e il suo re pure ha festeggiato. Le massicce flotte di Tolstoj e Dostoevskij non hanno mica levato l’ancora, i loro marinai sono andati al ristorante di tutti i ristoranti rivieraschi del Brasile, a mangiarsi un buon caviale, e bersi un buon champagne.
   Capello s’è rimessa la giacca, s’è aggiustato gli occhiali e ha detto:
   “Sarà per la prossima volta, ma oggi non me la sentivo proprio di far entrare a giocare il diavolo”.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014

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giovedì 26 giugno 2014

BALOTELLI, METAFORA OSCURA DI OGNUNO DI NOI

    
BALOTELLI

    Il campo di calcio è un rettangolo ben strano. E' spaccato a metà da una linea retta con un cerchio in mezzo. Poi altre linee e altri rettangoli, altri cerchi e altre geometrie da febbri ripetitive. La follia dei cuori porta qui i suoi strampalati formulari. Non si ragiona molto quando a parlare è la televisione e il tenebroso fondo del nostro immaginario collettivo.
    Balotelli, Balotelli, metafora oscura di ognuno di noi. Ci vogliono eroi ma pure allo stesso tempo nella polvere bruta. Ci vogliono alberi forti nella foresta scura ma pure foglie morte in balia di ogni vento. 
    Balotelli, nessuno che l'abbia difeso quando è stato attaccato dalla cattiveria dell'avversario. Che gran compagni di squadra! Balotelli, nessuno che l'abbia avvicinato e consigliato di non lasciarsi andare nel suo nero girovagare. Che grande allenatore da manuale di raffinata superpsicologia!. Abbandonato, deriso, umiliato. L'Audisio ne è innamorata, si vede a 100 chilometri,  e pure lo canzona, più feroce che può proprio per questo. I giornalisti, che ridicoli voltagabbana, preda di ogni girar di banderuola. Che falsi colori d'avventura dipinti a acqua sullo scivolar di ogni vetro in giravolta. Vivono di parole, come di coriandoli a carnevale Pulcinella.
    Balotelli, nera allegoria di ognuno di noi. Tutti amici nella fortuna, acerrimi e spietati nemici nel momento del bisogno. Questa è l'Italia, artisti miei. Contar su se stessi è l'unico sacchetto di fortuna che non ci vuole poveri. Son tutti biondi in alto loco, freschi, puliti e con la puzza al naso. Un connazionale nero? E chi l'ha mai voluto? La durezza della vita la vedono solo a cinema nei film di prima visione. Quando c'è l'assurdo di scena loro prendono e lasciano la sala, hanno altro da fare nei loro tetri consigli di amministrazione, nei loro balordi gabinetti di veneranda redazione.
     Balotelli è ognuno di noi quando vogliamo migliorare il mondo e nostro padre ci dice che siamo dei fuori di testa e ci lascia al nostro destino di piroette disperate. E rimaniamo nel delirio della nostra poesia che l'Italia, patria luminosa di ogni arte, oscuramente disprezza e la mette sdegnosamente da parte. Salvo poi nei momenti bui, riscoprirla e chiamarla ancora per farsi rianimare.
    Balotelli, Balotelli, simbolo notturno di ogni ragazzo d'Italia, che tutti vogliono per strada, disoccupato, a non fare niente, perchè i vecchi vogliono continuare a essere felici nei loro sarcofaghi d'oro a mangiarsi la carne viva di ogni tempo, nel loro ludibrio di onnipotenza tutto scritto e rifinito solo sulla carta.
    Il campo di calcio a volte può essere un rettangolo macabro, come un camposanto pieno di croci di tutti i nostri sogni andati ancora una volta sottoterra, nel baratro oscuro degli insondabili tribunali del destino. Kafka, dacci qui una tua enigmatica dritta!
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO  

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014

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mercoledì 25 giugno 2014

CIAO, ITALIA! (AFFABULAZIONE)


CIAO, ITALIA!
(AFFABULAZIONE)

affabulazione
romantizzazione
fabulismo
zappazione
ah, na gott pu nissiun ca fa qualcos per nu
lo specchio del paese, la formula di una squadra
che non vuol più lavorar assem,
canzoni, concerti, annullaziun,
non guardare che tu sei la parte peggiore di te
lo gran foco
ogni giorno tu
solo un giorno in più,
tagliapatate, insalate, cantanti al caramello,
wow, awards de che? the winner is?
se le poste italiane fossero così efficienti,
le curve sono cosi spericolate,
the winner is?
boh!?
complimenti,
grazie mille.
questo premio lo tengo in mano io.
grazie, Firenze, grazie, Roma, grazie, Milano,
guarda pippa che la notte è ancora lunga
c'è ancora una sorpresa se in giro ci sono proprio io.
ma siamo davvero importanti per gli altri?
abbiamo passato le feste insieme.
qualche vacanza da barzelletta.
domani è un altro film.
perle e prosciutto.
la nostra squadra di pallone è spompata,
e così se ne va a casa.
cosa vuoi che sia? orecchiette e cassuola,
si può mangiare meglio di così?
in Brasile si cucina così male!
convinciti, tocca a te correre, correre, correre
finchè ti regge il fiato.
che fa la Russia?
che fa l'America?
che fa la Germania?
reggono, lottano, oltre la finale
domani è un altro giorno.
l'autore e l'eroe sei sempre tu, solo tu.
se tutti intorno a te hanno perso la fiducia
l'importante è che tu non la perdi in te stesso.
affabulazione. affabulazione. affabulazione.
wow, l'Italia gioca a dadi con i suoi gioielli,
che ore sono al vostro computer?
le 12, l'ora di mangiare.
hai qualcosa contro questo mal di testa?
hai lavorato? no?
questa balla di grasso 
l'auto ufficiale del campionato del mondo di calcio.
massimo potere idratante, 
linfa vitale per la tua pelle,
crea le tue emozioni,
pane, olio e pomodoro, e un bicchierozzo di vino.
preparate i fazzoletti.
siete contenti anche se non siete campioni?
l'uomo solo non lo batte nessuno...
in Italia, i foderi a combattere
le sciabole a riposo...
maestro, quale?
la stessa, andiamo... musica!
Giuseppe D'Ambrosio Angelillo

LA GERMANIA




LA GERMANIA
(Una piccola nota sulla partita Germania - Ghana)


    La Germania è bella, dite pure tutto quello che volete voi. Si entra nella favola come in una terapia di benevola psicoanalisi. La Germania è di una meraviglia metafisica che solo qualche artista italiano può comprendere nella sua potentissima affabulazione. In miniera ci vanno a lavorare i migliori poeti, a calcio invece ci giocano i mugnai e i guardiani di porci.
    La letteratura ha le sue etiche da innalzare al cielo, i suoi inferni da bruciare al fondo del suo inconscio.
    In Germania i critici costruiscono i castelli, i musicisti le cattedrali.
    A calcio giocano i traghettatori di mosto, i furieri delle corazzate.
    La Germania se vince vince, se perde vince lo stesso. Il pareggio non esiste mai. Sono veri filosofi loro, non ciarlatani.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014

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domenica 22 giugno 2014

LA COSTA RICA E LOS ITALIANOS (Sulla partita Costa Rica - Italia) 20 giugno 2014


LA COSTA RICA E LOS ITALIANOS
(Sulla partita Costa Rica-Italia)

   Custa  Rica, Custa  Rica. E’ rica la Custa Rica. Siamo noi i miserabili. Los Italianos. Faccia da randellati, nasoni da ubriachi, farfalline da collezione, topini di strada di città vecchie mai rimesse a nuovo da secoli a secoli.
   Contro mostri sacri del calibro di Borges e Bolano’s cosa s’è opposto? Un panettone Motta, un’insegna di bar chiuso, un birlo a rotazione libera, un puffone convalescente, un maestro chielli senza banda.
   Contro i mausolei della Indie Occidentali dove si trova oro a smuovere qualsiasi zolla cosa si è parato davanti? Un piccione azzoppato, un cassone sfondato, un bicchieruccio sbeccato.
   Eppure Cristoforo Colombo era lì al largo con le sue 50 caravelle vuote. La grande letteratura non è acqua, le stelle migratore neppure. I portoghesi pagano a sera come  gli scrocconi,  a rate, se non sono rimasti soddisfatti.
   In America Latina ormai hanno imparato a giocare a pallone anche i sassi. C’è poco da stare allegri per noi europei. L’Europa qui è un ghirigori dialettico, si capisce poco tranne l’euro, che come tassa internazionale è grassa, cinica e pure stonata a cantare la grande lirica italiana.
   Los Italianos, morti di sonno forse non avranno dormito la notte a passeggiare con le cameriere, le badanti e i lustrascarpe. Chi può fugge al mare, sulla spiaggia, a perdersi tra i turisti. Chi non può stringe i denti e si dia all’arma bianca, nel futuro contro altri premi Nobel del pallone.
   Qui in America Latina prima viene il cuore e il suo valore, poi il petto e la sua forza, poi lo spirito e la sua lotta, e solo alla fine, dopo altre 57 stazioni, il fisico con il suo fiato. La tattica e la strategia ce l’hanno ormai anche la squadra dei faraoni imbalsamati dell’antico Egitto.   
   Commercio ce n’è  da fare poco a queste botteghe dei miracoli. Il sale è al tabacchino e gli ebrei in sinagoga. Chi ha fortuna la regali pure al compagno. Altrimenti velieri per Singapore  ne partono a tutte le ore. Il piccione se ne diventi falco, il mozzo capitano, altrimenti qui in Brasile si perde pure a briscola, a tre-sette e a settebello.
   La storia viaggia per tutto il mondo a ogni minuto, ci siamo fatti ridere dietro dai pinguini al Polo Sud e dai salmoni in viaggio controcorrente in Alaska. Los Italianos, i campioni congelati, come i merluzzi del’Oceano Pacifico sui pescherecci giapponesi, come i cubetti di ghiaccio nei martini a NewYork, come la fusoliera di un dirigibile caduto sulla calotta polare. La scoperta  del tempo e del suo inesorabile scorrere ha una formula semplice che risale a Omero, i vecchi non son buoni per le battaglie, al massimo possono fare gli indovini ciechi.
   Anche in America del Nord, nelle piantagioni di cotone, hanno cambiato canale e messo su un vero blues.
   “Italians?”
   “Oh, no! Kissi sò nu puchill sckattabott”.
   “Mamma mia!”
   “Kissi hannu sbagliatu u camp dell’oratorio”.
   “Mocca all’anema loro. Cu tutt i tirrisi ca tenenu”.
   Il tempo è spietato con tutti, specialmente con noi italiani ultimamente. I vecchi son ricchi e i giovani disoccupati. Son mille volte meglio le arance che se son marce, almeno te le buttano in faccia, e mica te le mandano a giocare a pallone contro certi maestri della letteratura internazionale.
   Il tempo è il tempo soprattutto qui in America Latina. La gioventù corre miliardi di volte più del santo  conservato nella cripta. A ognuno la rosa sua ma se quella ha perso i petali suoi nessun  ganimede la vuole più, e nemmeno le belle donne.
   “Dammi un Campari rosso, va. Bello carico”.
   “Cambiamo canale pure noi?”
   “Cambia, cambia”.
   Il tempo ha la sua biochimica molto rigida, un calciatore sotto spirito non la regge tutta la partita. E la serietà della caffettiera dice che il caffè non va sprecato con chi  invece preferirebbe la camomilla.
   “Una patatina ora, mister?”
   “Ma che cazzo! Dammi un altro bicchierone di Campari rosso. Bello carico che mi voglio scordare tutti i piccioni.”
   I bar in Italia stasera hanno chiuso tutti prima, il caffè per star su la notte non l’ha voluto più nessuno. A una certa età è sempre meglio andare a letto presto. Si evita il freddo, le brutte compagnie, e pure i giocatori della nazionale scongelati e bolliti per cena.
    Ci siamo messi tutti a vedere film d’amore stanotte in Italia. A leggere i libri di poesia, qualche bel romanzo. Soprattutto quelli di Borges e di Bolano’s.
   “Minchia!Ma ve la siete presa così a male per la batosta allora voi italiani?”
   “Cazzo sì! Ci abbiamo un governo ladro che non ci azzecca nemmeno una nazionale di calcio decente al campionato del mondo!”
   “Minchia, ci avete proprio ragione”.
   “E domani comincia pure l’estate e non sappiamo nemmeno che metterci!”

    Costa Rica, Costa Rica. E’ proprio rica la Costa Rica. Puttana miseria!

GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
                                                                        20 giugno 2014

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014


sabato 21 giugno 2014

SPINOZA BATTE GLI SPAGNOLI 5 A 1 (Sulla partita Olanda - Spagna)

Spinoza ritratto come Masaniello.

SPINOZA BATTE GLI SPAGNOLI 5 a 1
(Sulla partita Olanda – Spagna)

   L’esercito di Cortez si trovò davanti inopportunamente l’”Etica” di Spinoza e d’improvviso battè precipitosamente in ritirata. Senza nemmeno lasciare il tempo ai facchini di spedire una cartolina di saluti ai cugini, senza avere tempo nemmeno di mangiarsi una cioccolata, di pulirsi le scarpe e di vedere l’ultimo film tremulo di Almodovar. “La Gazzetta dello Sport” non ci credeva nemmeno lei a quel che era accaduto.
   I risultati delle partite del campionato del mondo in Brasile sembrava che avessero sballato tutte le loro righe per quel giorno.
   Spinoza si bevve il suo bravo bicchiere di latte spirituale senza zucchero con cui poteva campare ancora per altri 3000 anni.
   Poi si fece pure intervistare alla radio e alla televisione olandesi. Manco a credersi nemmeno gli inglesi avevano guadagnato manco mezzo scellino a tutte le scommesse di quella partita e questo la dice proprio lunga di come avevano tirato al pallone quel giorno gli arancioni. Da mandare all’aria tutte le scrivanie dei giornali sportivi di tutto il mondo.
   L’esercito di Cortez se ne sarebbe rimasto in ritirata per almeno quattro settimane ancora. Tutti  i gol di Spinoza saltarono da un angolo all’altro per tutto il mondo. Per secoli andranno ancora a quello stadio per farsi quattro risate sugli spagnoli vita natural durante. Onestamente moltissimi hanno goduto a più non posso.
   Il giorno dopo non fa venduto un solo giornale sportivo per tutta la Spagna. Ci incartarono solo il pesce i pescivendoli con la faccia stordita e arrabbiata. Solo Salvador Dalì non pianse ma rise di gusto:” Caproni, come avete potuto mettervi contro Spinoza senza manco aver letto un solo suo rigo?”, disse.

   Spinoza invece disse:” Io non giudico, capisco. E ve ne accorgerete quando tirerò l’ultimo calcio di rigore del campionato, quando la  commedia sarà finita anche qui in Brasile. Ma per dire la verità la commedia non finisce proprio mai!”
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014


VIVA L'URUGUAY (Sulla partita Inghilterra - Uruguay)

Juan Carlos Onetti, e la sua macchina da scrivere

VIVA L’URUGUAY
(Sulla partita Inghilterra- Uruguay)

    Nemesi. Nemesi. Nemesi. Il campionato del mondo di calcio lo inventarono una volta in Uruguay. L’Inghilterra non ci volle partecipare perché ritenevano che i sudamericani manco sapessero giocare a pallone. Troppo ignoranti, troppo stupidi, e soprattutto troppo poveri. Neanche l’Italia ci volle partecipare perché riteneva quei popoli troppo lontani, politicamente nulli, quasi insignificanti. Poi qualcuno andò da Mussolini e gli disse:
    “Duce, ma gli italiani sanno giocare bene a calcio.”
    “Dici?”
    “Sì, Duce.”
    “E allora partecipiamo pure noi a sto cazzo di campionato del mondo di calcio.”
     E fu così che l’Italia cominciò a partecipare e vinse i suoi primi due campionati mondiali.
    Io non mi ricordo più cosa mi ricordo meglio dopo questa recita. Ma i geni sono sempre pieni di spirito. Comunque l’Uruguay ha il padre spagnolo e la madre italiana. Me lo disse Juan Carlos Onetti quando una volta mi parlò del Baal argentino che gli piacciono tutte le donne belle, soprattutto quelle povere e così si riempie le tasche d’oro e requisisce tutte le notti a disposizione per truccarle poi con la sua barba mediorientale. I vezzi degli uomini gonfi d’oro sono tutti strambi e male ordinati.
    Suarez comunque ha un castello in Uruguay tutto fatto di semi di pomodoro e lì abita ancora pure Juan Carlos Onetti e tutte le sue idee elette, da chi non importa.
    Il teatro in Uruguay è sempre fatto di cruda realtà e i suoi sentimenti sono atleti con tanto di regolamento dostoevskijano. Sanno leggere la Bibbia , scrivere il Talmud e masticano l’antica matematica di Pitagora come foglie di tabacco d’argento sempre fresche.
    “I maccheroni come li cucinano là?”
    “Con l’acqua che gli basta, sugo condito di mare e pasta fresca di nuvole. Condimenti di povertà contadina e volontà di titani. La crema a fine pasto non manca mai. Ti interessa?”
     “E’ sempre una patria lontana pure l’Uruguay.”
     “Tanto ci è andato pure Campana. E non mi risulta che ci aveva il biglietto.”
     “Non ne aveva bisogno. Era un poeta.”
     Cavani invece è uno spadaccino di casa risparmiosa. Frequenta bettole ben frequentate infatti ci va pure lui. Ha capelli fluenti e così gli piace pure a lui  correre nel vento come un antico guerriero Acheo.
    “Catenaccio e contropiede. E’ un secolo quasi che quelli si divertono così.”
    “Sono intelligenti come gli italiani ma non così stupidi da essere troppo furbi.”
    A Juan Carlos Onetti gli hanno fatto un miliardo di ritratti, l’occhio sbircioso e la mano sdegnosa. Ha avuto mille fidanzate ma non era così triste da spararsi almeno una volta. La carta era la sua sposa e ha passato la vita con quella. In televisione commentò una volta una partita di calcio dell’Uruguay ma disse che c’erano così tanti tifosi allo stadio  che era meglio rimandare alla partita successiva il suo commento metafisico.
      La partita successiva disse solo:
    “Viva l’Uruguay!”, e se ne andò per sempre in Spagna altrimenti lo ammazzavano per una questione di caporali.
     La folla gli rispose:
    “Viva l’Uruguay!”, e lo lasciò partire.
     La cosa finì lì.
    “E’ meglio attaccare da destra o da sinistra?”
   “Attacca pure da dove vuoi, l’importante è che fai gol.”
   “Io preferisco da dove si fa gol agli inglesi”.
   “Pure io”.
    Rodriguez è un grande maratoneta e torna sempre correndo a Atene per gridare che i Persiani  sono stati battuti, intanto fa tre o quattro gol a partita per tener contenti i suoi compaesani eccitati che vengono dalla provincia nella capitale a cercare le solite raccomandazioni.
   “E il modulo migliore?”
   “E’ quello lì”.
   “Quale?”
   “Quello che fa gol agli inglesi”.
   “Mi va bene”.
   “Ci hanno sempre così fottuto con i loro dannati frigoriferi per la carne, questi dannati inglesi”.
   Rodriguez si allena sempre al mattino a correre, a sera si perfeziona al biliardo per metterla sempre dentro perfetta.
   “Ancora corri, Rodriguez? La partita è finita. Gli inglesi sono battuti.”
   “Sei sicuro?”
   “Sì, l’arbitro è un pezzo che ha fischiato la fine della partita”.
   “Minchia, e io che gli volevo fare ancora un altro gol!”
   Rodriguez ha il cuore buono ma nessun pezzo d’oro in tasca, l’Uruguay gli vuole bene così, con la sua faccia di cameriere peones. E infatti gli inglesi li ha serviti a puntino.
   La notte lui non dorme e si fa un bicchierino di rhum  di pirata cubano. Nell’ intervallo sogna altre mille partite vittoriose contro gli inglesi e la sua corsa a cento kilometri all’ora verso la porta. Il portiere inglese è uscito ad ascoltare un discorso della regina e per caso non si trova mai lì. Suarez pensa sempre che la partita con gli inglesi sia sempre in corso, è il suo modo di manifestare l’alta razza del suo cuore di potente goleador.
   L’Uruguay ha sempre una tempesta per la testa e la logica non sa proprio dove sia di casa.
  Forse in Inghilterra, ed è per questo che forse hanno perso.
  Kakill al mio paese è un venditore di salami e formaggi, e ci ha pure un grosso camion. Non sto scherzando, potete controllare, è sempre lì il mercoledì mattina, in piazza Kolbe a Acquaviva delle Fonti, in Puglia.
    E me lo trovo lì, in una partita del campionato del mondo di calcio in Brasile a marcare Rodriguez. Non credo proprio che abbia venduto un solo salame e penso che manco con il formaggio gli sia andata meglio. Non ha incassato proprio nulla e se n’è tornato a casa con le pive nel sacco.
   Gli inglesi che ci hanno tutti gli idoli d’oro di questo mondo, potere pure e denaro a più non posso nel pozzo senza fine della Banca d’Inghilterra, con l’Uruguay hanno invece caricato tutti gli asini di mazzate e hanno ritirato a bordo la passerella della loro corazzata. Hanno fischiato la sirena e il buon Rooney ha detto:
   “Beh, dopo tutto, dopo tanti anni se lo meritano proprio, che siamo proprio noi inglesi a dir loro che l’Uruguay è una terra di campioni di calcio”.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA PALLA E' TONDA" racconti, Acquaviva 2014





venerdì 20 giugno 2014

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo LA PALLA E' TONTA racconti ACQUAVIVA



    "Il calcio è l'unica mistica rimasta che lega l'uomo contemporaneo alla sua comunità, e non a caso alcuni parlano di un Dio Pallone. E ogni nazione ormai ha il suo."
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

racconti divertimenti
sull'attuale campionato del mondo di calcio
in Brasile,
e su alcuni miti del calcio mondiali
diventati parti importanti
del nostro immaginario collettivo nazionale
e no.

lunedì 16 giugno 2014

ANGELICO



ANGELICO

    C'era una volta un pittore che pensava che una volta stato ragazzino si era ragazzino per tutta la vita. Il guaio era per quelli che dicevano che una volta erano stati ragazzini ma che invece non era vero proprio per nulla. Semplicemente mentivano. Mentire non costa niente, praticamente si slacciano liberi tutti i cani del proprio divertimento e poi accade tutto quello che si vuole, anche che quei cani si mettono a volare colorati tutti di verde con striature d'oro.
    Una volta ho conosciuto in Brasile, grandiosa banderuola di un sole vero che gira a ogni vento che ne abbia voglia, patria vera di infinite cioccolate, proprio sul confine dell'Etna in Sicilia, un ragazzino di 10 anni, con uno sguardo di centravanti astuto e impossibile. L'atleta di forte fantasia si chiamava Angelico, come un re fiorentino di periferia rinascimentale, occhietti dolci come mandorle, i capelli di angelo, gambe lunghissime, maglia verde-oro di ordinanza. Angelico era un ragazzino bellissimo. Già titolare di una ditta di colori futuristi che non ammettevano resti nè spiccioli. Tutti lo volevano nelle colonie a mare della Liguria e del Portogallo, ma lui cortesemente ma fermamente rifiutava, aveva sempre da giocare a pallone al parco Cassoni proprio dietro la fabbrica della Nutella di Milano. 
    Angelico era sempre spettatore e giocatore delle proprie partite, ora faceva il portiere e parava tutto, ora faceva il centravanti e la buttava dentro ogni volta che la toccava. Era un predestinato, per il resto mangiava con piacere le lasagne, la pasta strapazzata e la pizza margherita. Poi era un vero campione con le sue due pistole a acqua, praticamente li faceva fuori tutti con bagnarole e bagnarole di acqua di risciacquo di magliette azzure della nazionale. Rideva sempre, tanto che anni prima suo padre lo chiamava: "piccolo Buddha ride", ci aveva pure scritto un miliardesimo dei libri suoi, ma perduto sfortunatamente in altri gironi danteschi dei campionati del mondo passati. E uno che ride sempre è anche felice e se la diverte alquanto anche con i migliori professori e maestri del pianeta. E qui, essendo in Brazil, si rimaneva ragazzini proprio di professione, con tanto di salario e di previdenza sociale. Anche Salomone riteneva accertati e confermati tutti quanti i suoi proverbi, nessuno escluso. Così veniamo a scoprire che anche la tristezza può essere una professione, ma come si può intuire molto facilmente anche i cani verdi volanti di cui prima sanno che è in effetti è anche una professione molto molto molto triste. Ma un principino è un principino e gli tocca ridere di continuo in pieno Rinascimento. Per Amleto è diverso, primo perchè è danese e non toscano e poi mai guarda il calendario a vedere che prima o poi arrivano pure le vacanze di Pasqua, e particolare non trascurabile, anche quelle estive.
    Angelico è un ragazzino a vita. Gioca alla staccia, alle palline di vetro, ai gormiti, a pallacanestro, a nascondino, a pallone, e a tanti altri giochi che non si ricorda mai perchè come tutti i ragazzini allegri è un perfetto scordarolo, cioè si scorda tutto due minuti dopo che l'ha fatto.
    "Angelico, passa, minchia! Tutti tu li vuoi fare i gol?", gli urla sempre Faizan, suo compagno fedele di squadra, là sui contrafforti amazzonici.
    "Gol! Gol! Gol!", grida invece Angelico, correndo con la sua lunga chioma bionda al vento, come un perfetto Acheo in trasferta, qui, in questo misterioso deserto dei barbari. Peggio per loro!
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO  

giovedì 5 giugno 2014

LA SCRITTURA


LA SCRITTURA


la scrittura è una ragazza che si tortura,
il cuore in un tratto di penna,
la purezza in un sorriso pensato per caso,
la raccolta dei diari sperduta 
nella piena della vita.
i frutti di una terra
che dà grano un pò a tutti,
la scrittura tocca ogni fiore come un'ape
e raccoglie cera per la notte
e miele per la fame di dolcezza che ha ognuno.
carezza di demonio
e schiaffo di santo,
la scrittura forgia l'uomo con la sua nera argilla,
con le sue corse assurde,
i suoi fare di matta,
la scrittura è un lussuria duratura,
porta carri nella notte,
cammelli nel deserto.
la scrittura è una quotidiana pastura,
un inferno,
un paradiso,
ora è lì e per sempre dura.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

SIA BEN POTENTE LA POESIA!



SIA BEN POTENTE LA POESIA!


se mi voglio felice,
riscaldarmi un pò,
mi devo far pazzo,
non ho scelta.
rubano alle scuole, ai bambini, agli ospedali,
ai vecchi, alle famiglie, alla gente sola,
ma che uomini son questi
con gli artigli del demonio?
orribili strade,
pensieri infernali.
ma che fanno i poeti in questa rovina generale?
cantano, poveretti, che devono fare?
è il mestiere loro,
son fatti per questo.
son bambini anche loro, vecchi,
gente molto sola,
rubano dunque anche a loro,
non c'è salvezza.
eppure mi viene come una superbia,
un orgoglio ingiustificato,
che vorrà dire?
non ci rubano niente, non bisogna temere!
infatti che possono mai rubare i morti?
è gente all'Ade,
s'aggrappano a quel che possono,
sono carne marcia per i demonii,
anime perse nel tutto e nel dettaglio,
che possono rubare mai a noi vivi?
nulla,
son follie tutte loro,
basta non farsi prendere dall'imperante piagnisteo,
badare con volontà
alla nostra imperdibile poesia.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

PENSIERI DI GIORNI GRIGI



PENSIERI DI GIORNI GRIGI

spiagge calme di giorni grigi,
io mi scavagno il tozzo di pane quotidiano
cercando perle in mezzo al fango,
arte latitante,
io la luce me la guadagno col sudore della fronte,
a fatica,
navigando a vista tra queste rupi,
enigmi irrisolti di tutti questi cupi visi,
aspetto lettere che non arrivano mai,
telefonate oscure tradotte in assoluti silenzi,
chi siete simili miei?
mi viene da pensare a volte 
a dei mostri senza mestiere,
a dei geroglifici neri 
che non portano da nessuna parte,
mangiate allegrie
e defecate funerali,
promesse di diavoli accesi
che come barche di Caronte
portano all'inferno.
ma poi piano mi dico:
ma non sono più forti della vita
questi gobbi disoccupati,
perderanno infine,
come perdiamo tutti,
questi diseredati...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

AMORI E GUERRE


AMORI E GUERRE


o amore e guerra, che governate il mondo
come due cornacchie severe
e ne afferrate le scure utopie,
gozzoviglie da niente di ogni tempo.
dei della felicità e della miseria,
che date fame e cibo,
vita e tenebra,
quanto lungo il cammino
della vera comprensione delle vie,
splendori e notti,
amori e guerre,
manicomi di cuori,
fontane di follie,
centri interrotti,
periferie deserte,
noi portiamo le nostre bandiere
come coriandoli accesi nel firmamento nero.
come fiori tra gli sterpi.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

martedì 3 giugno 2014

IL PORTINAIO DI VIA PALMETTO




IL PORTINAIO DI VIA PALMETTO

va male a scuola il nulla,
dice il portinaio che butta nelle aiuole la sua vita
e trascura Torino
perché ha da cacciare ancora qualche altra pazza
dal palazzo,
ha un tesserino appeso alla maglietta
da non molto,
sopra, la ditta dei palazzinari falliti
gli ha scritto che è un portinaio
nel pieno delle sue funzioni pubbliche,
mandare a fanculo lui
significa quasi offendere gravemente
il cardinale in seconda 
di tutte le opere di Dio in città,
lui è un povero diavolo invece
come un pò tutti noi
che abitiamo in via palmetto,
qui nel sud della Georgia del più profondo sud
de Milan,
non facciamo del male a nessuno in nessun film
ma ci controllano quasi fossimo i criminali
dei giornalini di batman,
ora come ora ce l'hanno con i pazzi
che si mettono a gridare di notte,
ma ci avranno anche loro i loro bravi motivi,
dicono che la luna non è più quella di una volta
ma che si fa pagare la bolletta a ufo,
e questo non è giusto,
ma non se ne lamenta mai nessuno,
come i gatti del quartiere che menano la loro vita
come al solito, tra le cantine e la strada,
e se ne infischiano di tutto,
un pò come me che ho da tenere a bada
più la mia mente
che tutto il resto del manicomio
che mi vortica attorno.
ma il portinaio è un povero diavolo anche lui,
come tutti noi che abitiamo in via palmetto,
nel sud del sud di tutti i sud,
qui a Milano che si vanta sempre con tutti
di essere più a nord di tutti i nord.
lui mi passa quei libri ordinari
che mi arrivano un pò da tutta Italia,
io gli regalo ogni tanto una bottiglia di vino ordinario
che vendono qui vicino
nel super dei lumpen che arriva dalla Germania,
si spende bene lì,
con quattro soldi ti porti a casa la cena come niente,
là attorno vorticano invece 
una quindicina di ubriaconi
che bevono birra scadente tutto il santo giorno
e poi fanno finta di essere i benzinai
della stazione di servizio proprio lì accanto,
gli automobilisti fermi alle pompe
li vedono avvicinare e si spaventano di brutto
tutti terrorizzati,
pensano subito a una rapina,
ma quelli vogliono solo un pò di elemosina,
tanto per tornare più tardi nel super dei lumpen
che viene dalla Germania,
per tornare a fare benzina anche loro
come di dovere per ogni ubriacone.
il portinaio invece aggiusta le rose tutto il giorno
alla statua della Madonna del cortile,
che gli faccia la grazia anche a lui
e che lo trasferiscano a Torino finalmente
in un palazzo più decente,
abitato da cristiani ammodo,
e non dai pazzi sbarrellati come questo
che mai nessuna medicina
riesce in qualche modo a tenere a bada.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

lunedì 2 giugno 2014

ITALIA


ITALIA

bevi acqua, mangia fave e fai il saggio,
qui lo puoi fare,
in questa terra di silenzi e baci,
e poi questa luce dell'esistere,
no, non sono stupidi gli italiani,
anche se molte cose non vedono e non dicono.
ma il vino nero è troppo esatto
agli occhi del dio,
il sole così dolce
esalta alla follia l'anima di qualsiasi artista,
di qualsiasi pazzo,
di qualsiasi pagliaccio.
la vita qui apre tutte le porte segrete al giorno.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

PERIFERIA



PERIFERIA

si lotta in questo deserto di nulla
per una rosa accesa solo nel nostro cervello,
la nudità della bellezza
che vogliamo sbranare in solitudine
con le nostre mille tentazioni.
viviamo qui tra mille rinunce,
in questo deserto che non ci porterà mai a nulla,
ma viviamo e questo per adesso ci basta,
per molto tempo ancora aspetteremo
gli uomini che non siamo.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO