regala Libri Acquaviva

regala Libri Acquaviva
CHARLES BUKOWSKI, Tubinga, MARC CHAGALL, Milano, ALDA MERINI, Grecia, Utopia, ROMANZI, Acquaviva delle Fonti, RACCONTI CONTADINI, America, POESIE, ERNST BLOCH, Sogni, Gatti Pazzi, Spinoza, FEDOR DOSTOEVSKIJ, ITALIA, New York, FEDERICO FELLINI, Poesie di Natale

martedì 13 settembre 2016

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo STRACCIONI raccontino ACQUAVIVA

Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
STRACCIONI
raccontino
ACQUAVIVA, 2016


   Facevo parte di una vera folla di straccioni che stazionava in una piazza enorme di querce davanti alla stazione ferroviaria di una grande città.
   Si mettevano delle grosse bottiglie di birra sopra i tetti dei numerosi chioschi delle edicole della piazza e poi a turno si andava a bere.
   C'erano anche delle gran tavole dove c'erano numerose scatole di fagioli lessati e anche lì si andava a mangiare.
   I nostri abiti erano lerci e laceri, si puzzava tutti un po' di odori nauseanti e insopportabili.
   Si parlava tutti del più e del meno offendendoci a vicenda il più pesantemente possibile.
   Si bighellonava per la piazza di qui e di là, non facendo assolutamente niente ma dandoci arie come se fossimo le persone più importanti della città.
   Molte volte ci atteggiavamo a rivoluzionari e gran ribelli internazionali, certe volte a laidi reazionari e retrogradi.
   Il più delle volte semplicemente non capivamo niente di tutte le questioni, visto il degrado assoluto di tutte le nostre condizioni esistenziali.
   C'erano nella stessa piazza parecchi sbirri che ci venivano a controllare caso mai tra noi si nascondeva un gran ladrone matricolato che usava l'espediente di vivere per strada per il semplice motivo di sfuggire alla giustizia.
   In verità vivevamo un po' tutti nei nostri cappottoni pesanti e luridi e lì menavamo la nostra esistenza nel luridume e nell'accattonaggio più becero. 
   Una volta venne da me uno di loro e mi disse:
   "Vai al tetto di quel chiosco, c'è una birretta di vetro bevuta a metà, prendila, fai finta di bere e lanciala in mezzo alla folla, cerca di prendere qualche testa e di spaccarla".
   Io feci quel che mi disse, non potevo far la figura del vigliacco, nessuno l'avrebbe tollerato e mi avrebbero emarginato di brutto, cosa che d'altronde facevano già, perché per oscuri motivi mi malsopportavano, pensando forse che non ero dei loro fino in fondo.
   Andai al tetto del chiosco e trovai la bottiglietta di birra mezza bevuta e con fare guardingo la presi. Feci finta di assaggiarne il contenuto, sapeva di gazzosa dolce vomitevole, e aspettai il momento buono di gettarla sulla testa della folla. Mi accorsi che due poliziotti mi osservavano da lontano, avendo intuito che stavo per commettere qualcosa di losco dal mio atteggiamento cialtronesco e circospetto.
   Tentennai nel mio gesto.
   Ma uno di loro si avvicinò e mi apostrofò:
   "Ehi bamba, e allora? La lanci o no la bottiglietta?"
   Era gente molto cattiva, se non avessi ubbidito me l'avrebbe fatta pagare atrocemente.
   Allora mi cercai un nascondiglio dietro una macchia di querce e quando fui sicuro che nessuno mi avrebbe visto nel mio gesto di teppista, lanciai la bottiglietta proprio dove ero sicuro che non avrei colpito nessuno della folla di passanti che senza posa attraversavano la piazza.
   La bottiglia s'infranse in uno spiazzo deserto e nessuno si accorse della mia furbizia.
   Solo un rockettaro decaduto e fallito mi venne a dire:
   "Ehi, fai il furbino eh?"
   Allora andai a sedermi davanti a una tavola di fagioli, piena di scatole aperte e mezze mangiate.
   Me ne stetti là per un lungo tempo, facendo finta di voler mangiare.
   Gli straccioni passeggiavano attorno a me in maniera indolente e stanca, continuando a offendersi a morte tra di loro. Andando avanti e indietro senza meta.
   Allora io presi una scatola con un fondo di fagioli che facevano schifo a vedersi, dopo un po', sempre con la scatola tra le mani, me ne andai tra di loro, che andavano tra i chioschi a comprarsi per pochi nichelini bottiglie di birra di tutte le dimensioni.
   Con fare indifferente andai via dalla piazza, prendendo i fagioli con le mani e buttandoli per strada.

   Andai a finire davanti a una fila di studenti che facevano ressa davanti a una porta dell'Università ciarlando e facendo parecchio disordine.
   Facevano la fila per fare domanda di dottorato perché volevano diventare tutti professori emeriti nell'Ateneo.
   Io mi feci largo in mezzo a loro dicendo:
   "Devo consegnare la mia ricerca di dottorato! Si intitola: 'L'Occhio', aspetti filosofici e scientifici".
   Stranamente mi credettero nonostante il mio aspetto indecoroso e ladronesco.
   Entrai e mi intrufolai nell'Università.
   Notai subito della camera a forma di vasca, gigantesca, piena zeppa di libri, impilati a occupare tutto lo spazio possibile e immaginabile. Si potevano notare solo le copertine dei libri di superficie, poi dei libri sottostanti non si poteva notare null'altro.
   Una vasca enorme era tutta piena di libri di critica letteraria di letteratura inglese.
   Un tizio diceva:
   "Non vanno di moda sempre gli stessi libri. Ma un po' uno, un po' l'altro. A caso. Non si possono per niente fare previsioni. Ora va alla grande Tennyson, ora Boswell... Non si possono fare assolutamente previsioni... Tutto dipende dal caso e dal destino... Quindi tutto quello che posso fare è augurarvi buona fortuna a tutti voi..."
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

da "LA BOTTEGA DELLA FAME", racconti inediti

Nessun commento: